Art. 2.
(Norme a tutela del pluralismo informativo).

      1. Sono vietati la costituzione e il mantenimento di posizioni lesive del pluralismo informativo come definite dal presente articolo.
      2. Realizza una posizione lesiva del pluralismo informativo il fatto che i contenuti audiovisivi, in formato analogico o digitale, comunicati al pubblico mediante reti di comunicazione elettronica attribuibili a una impresa, anche attraverso soggetti controllati o collegati, raggiungano nella media annuale, attraverso qualsiasi rete di comunicazione elettronica, una quota di audience nazionale pari al 35 per cento.
      3. Realizza altresì una posizione lesiva del pluralismo informativo il fatto che un'impresa, anche attraverso soggetti controllati o collegati, raggiunga nella diffusione dei contenuti audiovisivi di cui al

 

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comma 2, attraverso qualsiasi rete di comunicazione elettronica, una quota di audience nazionale pari al 30 per cento, qualora tale impresa raggiunga una percentuale di pubblico nazionale pari al 35 per cento in almeno uno ovvero nel complesso dei mercati dei media affini, come definiti dal comma 5.
      4. Sono escluse dal computo della media annuale della quota di audience di cui ai commi 2 e 3 le quote di ascolto relative alle parti di programmazione la cui responsabilità editoriale sia affidata interamente a persone fisiche o giuridiche indipendenti dal fornitore di contenuti audiovisivi di cui si calcolano le quote di ascolto medesime.
      5. Ai fini del comma 3, si considerano media affini: le attività di diffusione radiofonica; l'editoria di quotidiani e periodici; l'editoria elettronica, anche per il tramite di internet; la diffusione di opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.
      6. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni affida a uno o più soggetti privati la rilevazione della percentuale di pubblico raggiunto attraverso i contenuti audiovisivi diffusi o trasmessi mediante qualsiasi rete di comunicazione elettronica, nonché dei contenuti diffusi, trasmessi o distribuiti attraverso i media affini. Il soggetto o i soggetti privati di cui al primo periodo devono:

          a) presentare una composizione societaria in cui nessun soggetto che svolga attività di comunicazione al pubblico di contenuti audiovisivi ovvero sia concessionario di pubblicità radiotelevisiva possa esercitare il controllo, singolarmente o congiuntamente, anche attraverso soggetti controllati o collegati alla medesima;

          b) adottare metodologie statistiche di rilevamento elaborate con il parere favorevole di almeno tre esperti di chiara fama in materia di scienze statistiche e che contemplino il rilevamento degli ascolti tenendo in considerazione tutti i mezzi di distribuzione e di diffusione dei programmi televisivi, su frequenze terrestri, via cavo o via satellite, nonché i media

 

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affini, eventualmente attraverso apposite convenzioni con gli enti di rilevazione esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge;

          c) fornire tempestivamente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni i dati da essa richiesti;

          d) presentare una relazione annuale da trasmettere al Parlamento e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 30 ottobre di ogni anno.

      7. Realizzano altresì una posizione lesiva del pluralismo informativo:

          a) le imprese titolari di concessioni, autorizzazioni o licenze o comunque esercenti attività radiotelevisiva a qualsiasi titolo in ambito nazionale, le quali, anche attraverso soggetti controllati o collegati alle medesime, raccolgano proventi per una quota superiore al 30 per cento delle risorse del settore televisivo in ambito nazionale, riferito alle trasmissioni via etere terrestre anche in forma codificata. I proventi di cui al precedente periodo sono quelli derivanti da finanziamento del servizio pubblico al netto dei diritti dell'erario, nonché da pubblicità nazionale e locale, televendite e sponsorizzazioni, convenzioni con soggetti pubblici e offerta televisiva a pagamento, al netto delle spettanze delle agenzie di intermediazione;

          b) le imprese che comunque detengano, anche attraverso soggetti controllati o collegati, partecipazioni in imprese operanti nei settori della radiotelevisione e dei media affini e raccolgano, sommando i ricavi dei due settori, proventi superiori al 20 per cento del totale nazionale delle risorse derivanti da pubblicità, televendite e sponsorizzazioni, convenzioni con soggetti pubblici, finanziamento del servizio pubblico, offerta televisiva a pagamento, vendite e abbonamenti di quotidiani e periodici, mercato dell'editoria elettronica destinata al consumo delle famiglie e diffusione di opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico. É fatta salva la disciplina sulle imprese editrici di giornali quotidiani o periodici,

 

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fermo restando il rispetto dei limiti per singolo settore.

      8. Qualora l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni accerti che un'impresa si trovi in posizione lesiva del pluralismo informativo, ai sensi dei commi 2, 3 o 7, interviene affinché tale posizione sia sollecitamente rimossa, proponendo all'impresa la rinuncia a quote di partecipazione in società ad essa attribuibili, ovvero, limitatamente ai casi di cui al comma 7, la riduzione della quota di proventi raccolti, nella misura necessaria a non superare le soglie di cui ai citati commi.
      9. Realizzano una posizione lesiva del pluralismo informativo le imprese che superano i limiti al numero complessivo di programmi per ogni soggetto di cui al comma 7 dell'articolo 43 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
      10. I limiti di cui al comma 9 si applicano anche fino alla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, fermo restando che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella fase di transizione di cui al presente comma, può stabilire un periodo nel quale i suddetti limiti non sono applicati, anche avendo riguardo alla fase sperimentale che caratterizza le diffusioni di tali programmi.
      11. Fino alla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, a uno stesso soggetto, o a soggetti controllati da o collegati a soggetti i quali a loro volta controllino altri titolari di concessione o autorizzazione, non possono essere rilasciate concessioni o autorizzazioni o comunque riconosciuti altri titoli legittimanti che consentano di irradiare più del 20 per cento delle reti televisive o radiofoniche in tecnica analogica in ambito nazionale. Il comma 8 dell'articolo 43 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è abrogato.
      12. Le reti in tecnica analogica eccedenti i limiti di cui al comma 11 nonché

 

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i programmi in tecnica digitale che superino i limiti di cui ai commi 9 e 10 possono trasmettere esclusivamente via satellite o via cavo.
      13. I limiti di cui ai commi 2, 3, 9, 10 e 11 non si applicano alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
      14. Resta fermo l'intervento sulle posizioni dominanti ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di tutela della concorrenza, nonché l'applicazione da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni degli obblighi specifici relativi agli operatori di rete e ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica derivanti dal recepimento nell'ordinamento italiano di direttive comunitarie in materia di comunicazioni elettroniche.